27 luglio h 21
Rocca del Leone – Castiglione del Lago
“Vedi la bestia per cu’i mi volsi:
aiutami da lei, famoso saggio,
ch’ella mi fa tremar le vene e i polsi”
aiutami da lei, famoso saggio,
ch’ella mi fa tremar le vene e i polsi”
Gli anniversari offrono l’occasione di misurare il tempo che passa e i mutamenti che porta, ma offrono anche l’opportunità di valutare il tempo che non è passato e ciò che è restato immutato, in modo da poterlo riscattare.
Quest’anno che ricorre il settecentesimo della morte di Dante Alighieri, è dunque parso naturale che Vinicio Capossela, artista che da tempo orienta la sua ricerca alla riattualizzazione di figure e motivi antichi fuori delle ingiunzioni dell’attualità, abbia pensato un progetto che dal confronto con la Divina commedia tragga punti d’orientamento per una navigazione dantesca nel proprio repertorio.
Se quello di Dante è infatti un viaggio tra i morti per salvare i vivi, la Bestiale Comedìa, vuol essere un itinerario nell’immaginazione musicale e letteraria per redimere il reale dallo smarrimento in cui sembra gettato. Conformemente ad una visione profetica, nel poema sacro la retta via era ordinata lungo un’ascesa che dalla disperazione infernale – attraverso la speranza purgatoriale – giungeva alla beatitudine paradisiaca; ma oggi che l’umanità vive in eterno essilionel Tempo, disorientata in un unico regno terreno che consuma peccato, attesa e grazia, il viandante moderno non può che essere un errante del caosso, un navigante sanza vela e sanza governo e orientamento di stelle: un disperso nella selva selvaggia e aspra del proprio labirinto interiore, al centro del quale non può che giungere a rispecchiarsi nel terribile Minotauro.
In questa discesa nella matta bestialitade consiste allora l’alto passo verso la canoscenza, il primo di una lunga serie tra creature mostruose e bestie ferine, eroi smarriti e beati nella grazia, prima di tornare a rimirar le stelle. Un cammino periglioso, dunque, che acceso dall’Amore ha bisogno del soccorso della Poesia e di qualche guida sicura, che in questa impresa saranno due musicisti d’eccezione, una compagna picciola votata ai folli voli, il poliedrico Vincenzo Vasi e il virtuoso Raffaele Tiseo, che come Virgilio e Beatrice affiancheranno il cantautore-viator e gli conferiranno il coraggio necessario a confrontarsi con sé stesso oltre che con una delle opere più vaste, monumentali e magnifiche della storia della letteratura mondiale.
L’aldilà dantesco è il perfetto teatro delle passioni umane, l’adempimento di un’umanità persa dall’incontinenza, dalla violenza e la malizia, la scena di un’umanità lacerata dalle tre faville di superbia, invidia e avarizia che Dante colloca proprio all’inizio del poema sotto forma di tre fiere che impediscono il cammino della conoscenza. L’ultima di queste, la più spaventosa, è la lupa, la cupidigia che deturpa il mondo e si accoppia con infiniti mali. Che non si lascia attraversare la strada da nessuno, ma tutti li uccide con la sua insaziabilità.
All’inizio dell’era moderna Dante profeticamente indica uno dei mali del presente, e allo stesso tempo suggerisce con la sua poesia che per coglierne la tremenda realtà, è necessario lasciare il reale ed entrare nel vero dell’immaginazione, passare per la poesia per redimere il reale e intravedere la grazia.
“Affacciarsi a Dante è affacciarsi al pozzo della natura umana. A partire dalla forma a imbuto della cosmogonia della Comedìa, l’attrazione è sempre stata presente.
Ho iniziato ad appassionarmi a Dante per mito interposto. L’eroe della mia giovinezza è stato il dannato, il bohémien, il distillatore di bellezza Amedeo Modigliani. Modigliani sgranava come un rosario ebbro i versi di Dante a memoria, mentre dipingeva i suoi volti dagli occhi vuoti. E così provai a mandarli a memoria anche io scoprendo la più sublime forma di preghiera umanistica. Una esperienza di spiritualità, che nella ripetizione conduce a una specie di trance.
L’attrazione per l’umano, per i suoi miti, per il sublime, per l’inferno, per il peccato e per la virtù, per tutto ciò che desta maraviglia è quello che da quindici anni conduce il mio cammino in musica e parole. Non c’è cosa che Dante non comprenda già.
Santi, eroi e viziosi, una certa attrazione per il misticismo, una visione del mondo non specialistica, ma enciclopedica, il cui soggetto è la natura tutta a partire dalla natura umana sono tra le cose dantesche che più mi attraggono. Galeotti per me sono stati molti libri, ma Dante soltanto li comprende tutti.”
Quest’anno che ricorre il settecentesimo della morte di Dante Alighieri, è dunque parso naturale che Vinicio Capossela, artista che da tempo orienta la sua ricerca alla riattualizzazione di figure e motivi antichi fuori delle ingiunzioni dell’attualità, abbia pensato un progetto che dal confronto con la Divina commedia tragga punti d’orientamento per una navigazione dantesca nel proprio repertorio.
Se quello di Dante è infatti un viaggio tra i morti per salvare i vivi, la Bestiale Comedìa, vuol essere un itinerario nell’immaginazione musicale e letteraria per redimere il reale dallo smarrimento in cui sembra gettato. Conformemente ad una visione profetica, nel poema sacro la retta via era ordinata lungo un’ascesa che dalla disperazione infernale – attraverso la speranza purgatoriale – giungeva alla beatitudine paradisiaca; ma oggi che l’umanità vive in eterno essilionel Tempo, disorientata in un unico regno terreno che consuma peccato, attesa e grazia, il viandante moderno non può che essere un errante del caosso, un navigante sanza vela e sanza governo e orientamento di stelle: un disperso nella selva selvaggia e aspra del proprio labirinto interiore, al centro del quale non può che giungere a rispecchiarsi nel terribile Minotauro.
In questa discesa nella matta bestialitade consiste allora l’alto passo verso la canoscenza, il primo di una lunga serie tra creature mostruose e bestie ferine, eroi smarriti e beati nella grazia, prima di tornare a rimirar le stelle. Un cammino periglioso, dunque, che acceso dall’Amore ha bisogno del soccorso della Poesia e di qualche guida sicura, che in questa impresa saranno due musicisti d’eccezione, una compagna picciola votata ai folli voli, il poliedrico Vincenzo Vasi e il virtuoso Raffaele Tiseo, che come Virgilio e Beatrice affiancheranno il cantautore-viator e gli conferiranno il coraggio necessario a confrontarsi con sé stesso oltre che con una delle opere più vaste, monumentali e magnifiche della storia della letteratura mondiale.
L’aldilà dantesco è il perfetto teatro delle passioni umane, l’adempimento di un’umanità persa dall’incontinenza, dalla violenza e la malizia, la scena di un’umanità lacerata dalle tre faville di superbia, invidia e avarizia che Dante colloca proprio all’inizio del poema sotto forma di tre fiere che impediscono il cammino della conoscenza. L’ultima di queste, la più spaventosa, è la lupa, la cupidigia che deturpa il mondo e si accoppia con infiniti mali. Che non si lascia attraversare la strada da nessuno, ma tutti li uccide con la sua insaziabilità.
All’inizio dell’era moderna Dante profeticamente indica uno dei mali del presente, e allo stesso tempo suggerisce con la sua poesia che per coglierne la tremenda realtà, è necessario lasciare il reale ed entrare nel vero dell’immaginazione, passare per la poesia per redimere il reale e intravedere la grazia.
“Affacciarsi a Dante è affacciarsi al pozzo della natura umana. A partire dalla forma a imbuto della cosmogonia della Comedìa, l’attrazione è sempre stata presente.
Ho iniziato ad appassionarmi a Dante per mito interposto. L’eroe della mia giovinezza è stato il dannato, il bohémien, il distillatore di bellezza Amedeo Modigliani. Modigliani sgranava come un rosario ebbro i versi di Dante a memoria, mentre dipingeva i suoi volti dagli occhi vuoti. E così provai a mandarli a memoria anche io scoprendo la più sublime forma di preghiera umanistica. Una esperienza di spiritualità, che nella ripetizione conduce a una specie di trance.
L’attrazione per l’umano, per i suoi miti, per il sublime, per l’inferno, per il peccato e per la virtù, per tutto ciò che desta maraviglia è quello che da quindici anni conduce il mio cammino in musica e parole. Non c’è cosa che Dante non comprenda già.
Santi, eroi e viziosi, una certa attrazione per il misticismo, una visione del mondo non specialistica, ma enciclopedica, il cui soggetto è la natura tutta a partire dalla natura umana sono tra le cose dantesche che più mi attraggono. Galeotti per me sono stati molti libri, ma Dante soltanto li comprende tutti.”